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LA MEDIAZIONE FAMILIARE OGGI, TRA OBIETTIVI TIPICI E POTENZIALE TRASFORMATIVO. Dentro e fuori dai contesti di Cura, dentro e fuori dai luoghi del giudizio.

Lavorare nei contesti tipici che intervengono sulla crisi della coppia e della famiglia significa anzitutto adottare una prospettiva allargata; significa considerare a priori di trovarsi ad “abitare” la complessità. Questo anzitutto poiché la famiglia, o per meglio dire le famiglie “al plurale”, sono da sempre oggetto e soggetto privilegiato d’interesse da parte delle Scienze tutte, con particolare riferimento qui a quelle umane, sociali, giuridiche. I sistemi familiari sono una molteplicità di organismi articolati e mutevoli nel tempo che intercettano simultaneamente dimensioni indipendenti seppur interconnesse che rendono complessa quanto affascinante la loro esplorazione. Si pensi, ad esempio, al fenomeno della separazione o, per meglio dire, all’esperienza dello scioglimento del legame di coppia tra genitori (a qualsiasi titolo costituita).

La separazione è un fenomeno in continua evoluzione sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo, soprattutto in riferimento alle trasformazioni dei legami familiari sui quali insiste.

In aggiunta, nell’ultimo ventennio, abbiamo assistito ad un duplice progressivo movimento socio-politico e culturale teso da una parte a promuovere la depatologizzazione dell’esperienza separativa contemporaneamente alla sua degiurisdizionalizzazione.

Un movimento teso a collocare tale transizione anzitutto all’interno della fisiologia familiare piuttosto che nella dimensione della patologia assumendola come una fase di passaggio complessa e acuta che non implica automaticamente la comparsa di disfunzioni tali da richiedere l’intervento dei comparti clinici tipici. Un passaggio difficile e acuto per le emozioni e i vissuti ad essa connessi anche se fisiologico e tale da richiedere, ove possibile, soprattutto interventi di sostegno a prevenzione del rischio e a riduzione del danno. Contemporaneamente a questo si è assistito anche al progressivo consolidarsi di una cultura giudiziaria che immagina e sostiene la risoluzione di tali controversie attraverso interventi di tipo eso-processuale, vale a dire esterni e autonomi dai contesti tipici della giustizia (vedasi ad esempio la Legge 26 novembre 2021, n. 206 – Delega al Governo per l’efficienza del processo civile e per la revisione della disciplina degli strumenti di risoluzione alternativa delle controversie e misure urgenti di razionalizzazione dei procedimenti in materia di diritti delle persone e delle famiglie nonchè in materia di esecuzione forzata). In linea con tali filosofie di fondo si attestano le cosiddette ADR (acronimo per Alternative dispute resolution, trad. strumenti di risoluzione alternativa delle controversie). Tra queste anche Mediazione familiare alla quale la Legge sopracitata, la più recente in merito, dedica alcuni passaggi significativi.

Da più di trent’anni ormai la Mediazione Familiare (MF) è diffusa e presente in Italia e consiste in un intervento riservato a quei genitori che, prima durante o dopo lo scioglimento del legame di coppia tentano di preservare le competenze necessarie per continuare ad intestarsi la responsabilità genitoriale, nonostante la crisi coniugale imperversante. Un prezioso dispositivo di prevenzione del rischio e del danno che agisce a monte di possibili esiti sintomatologici nei figli. Nessun compito valutativo o interpretativo. Uno spazio protetto e dedicato, autonomo dal contesto giudiziario, nel quale favorire collaborazione, negoziazione e scambio costruttivo tra i genitori. Obiettivo cardine di un percorso di MF è potenziare le risorse residue dei genitori, mantenendo il più possibile uno sguardo convergente sui figli e riducendo gli effetti dannosi del conflitto su di loro. Un processo evolutivo dall’identità specifica e altrettanto specifiche caratteristiche metodologiche. Un intervento con un profilo definito, cadenze opportune e un timing chiaro.

La mediazione familiare richiede motivazione, volontarietà e rispetto delle istanze reciproche in merito a quanto affiora durante il succedersi degli incontri. Possiamo dire che in genere, l’esito conclusivo di un intervento di mediazione consiste nel raggiungimento d’intese condivise che i genitori, se necessario e richiesto, condividono con i propri legali e riferiscono al Giudice contestualmente agli eventuali procedimenti posti in essere.

Negli anni, grazie alle riflessioni elaborate in seno alla comunità scientifica dei mediatori, alla trasformazione, alla ricerca e al perfezionamento dei modelli esistenti, questo intervento si è ulteriormente sviluppato mettendo in luce anche quegli elementi di potenziale trasformativo che garantiscono la crescita, il cambiamento e l’evoluzione degli attori protagonisti. Se enucleassimo con attenzione il processo interno tipico di un percorso di mediazione familiare, riusciremmo sicuramente a confermarne gli obiettivi espliciti (pattuiti e concordati con i protagonisti fin dall’inizio) ma potremmo anche osservarne alcuni potenti effetti. Anche se indiretti, questi benefici lambiscono e interessano l’esplicazione soggettiva del potenziale trasformativo che ognuno possiede. Un percorso di mediazione familiare segue delle chiare direttrici metodologiche: la riduzione della conflittualità genitoriale, la progettazione condivisa della riorganizzazione familiare, la tutela e la salvaguardia dei legami affettivi con i figli, nel rispetto dei loro bisogni.

Allo stesso tempo, però, l’azione del mediatore familiare e l’intervento in sé permetterebbero la liberazione del potenziale evolutivo e trasformativo individuale, capace di traghettare gli adulti oltre il senso di fallimento e di perdita o l’incistarsi disfunzionale di belligeranza a danno dei figli. Per gli adulti, apprendere e modificare le proprie prospettive significa attivare un processo di revisione delle pregresse esperienze, (dei loro significati e del loro senso) attraverso una “riflessione critica” socializzata, condivisa. Nella ricerca d’intese concordemente negoziate, nella riattivazione di una comunicazione efficace, nel lavoro di convergenza costantemente ricondotto ai figli e ai loro bisogni, i genitori iniziano a beneficiare nuovamente di spinte evolutive importanti.  Questo il vero potere della mediazione: la sua valenza clinica in senso trasformativo. Attraverso le sue tecniche tipiche, i suoi focus, le sue specificità, la conduzione, un contesto critico e riflessivo collettivo in grado di mettere i genitori e le famiglie nella condizione d’affrontare un cambiamento re-investendo piuttosto che latitando, aggredendo, dilaniando o amputando parti di sé.

Questa filosofia della trasformazione attraverso la riflessione “nella crisi e nel confronto con l’altro da sé” influisce potenzialmente anche a livello sociale. Chi beneficia di una simile esperienza, finisce per portarla con sé anche fuori dalla stanza di mediazione, nel mondo, a sostegno di una cultura civica maggiormente cooperativa, dialogante, inclusiva e “aperta” ad accogliere la crisi non come un fatto violento e disperante ma come una faticosa (e preziosa) opportunità di crescita e di cambiamento.

 

A cura del Dott. Riccardo PARDINI