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Cosa ci fa restare insieme

Cosa ci fa restare insieme

A partire dal webinar tenutosi il 20 gennaio, la prof.ssa Santona ci lascia con qualche riflessione sullo stare insieme: cosa ci spinge nella scelta del partner, che ruolo hanno le relazioni primarie di attaccamento in questa scelta e in che modo possono influenzare le aspettative che ci creiamo.

📺 Puoi recuperare il webinar cliccando qui.

Nel tempo la durata delle relazioni è una delle variabili che più si è modificata: vent’anni fa si parlava della crisi del settimo anno nei matrimoni, oggi potremmo parlare della crisi del terzo anno, viste le ultime statistiche. Parlare di durata non significa tuttavia parlare di qualità della relazione: esistono relazioni molto stabili nel tempo, che non sono però fonte di benessere per i partner, e relazioni di breve durata che hanno invece dato luogo a un tessuto relazionale affettivo che è stato fonte di grande benessere. La possibilità di stare in relazione e di scegliere se e quando interrompere la relazione è una variabile che invece potrebbe essere considerata significativa: interrompere un legame affettivo significativo è una questione dirimente rispetto all’identità del singolo, che viene gestita in virtù delle esperienze pregresse e attuali.

Prima di parlare del perché si resta insieme è però interessante capire come e perché ci si sceglie: se spesso si ha la sensazione di incontrare in modo casuale il partner, in realtà la scelta è fatta, anche inconsapevolmente, all’insegna della familiarità, ovvero riconoscendo l’altro per stile relazionale, esperienza di vita e per complementarietà. Di solito, si sceglie quindi una persona che confermi l’idea che si ha di sé e della relazione sentimentale, sviluppatasi all’interno del contesto affettivo relazionale in cui si è cresciuti. Questo vale per circa il 70% della popolazione; il restante 30%, secondo la letteratura, sceglie il partner in discontinuità con la propria storia di sviluppo.

La dimensione affettiva, infatti, non è l’unico metro di scelta di un partner, seppur solitamente il più importante: in questa rientrano anche l’attrazione fisica, cognitiva, intellettuale, lo stato socio-economico e innumerevoli altri fattori. Alcune persone raccontano, invece, di aver sempre scelto in opposizione ai modelli familiari; questa potrebbe sembrare una scelta per discontinuità, ma in realtà il campo di scelta è comunque quello familiare. Una scelta evolutiva, infatti, è maturata prevalentemente sulla base dei propri bisogni, non in opposizione a un modello precedente. In una particolare configurazione di coppia, denominata da Andolfi “gli orfani psicosociali”, in cui i partner hanno esperienze di forte trascuratezza nel contesto della famiglia d’origine spesso si riconoscono per similitudine e si scelgono impegnandosi reciprocamente nel prendersi cura l’uno dell’altro. Inconsapevolmente, questa scelta è dettata dal bisogno non soddisfatto di essere riconosciuti, che non può essere colmato dal partner; pertanto, si arriva frequentemente a conflitti perché le attese reciproche vengono deluse.

Quando i partner si scelgono in reale discontinuità rispetto alla propria storia familiare, questi potrebbero costruire una relazione sentimentale che rappresenta una differenza, in senso riparativo, rispetto a quello che si è vissuto nelle proprie storie di vita. A questo proposito, Dicks parlava del matrimonio, ma oggi potremmo riferirci alle relazioni stabili, come di una “relazione terapeutica naturale”, che permette di riparare aspetti del sé e delle relazioni affettive precedenti disfunzionali, non adeguati rispetto al nostro senso di benessere. I partner sentimentali, infatti, rappresentano una figura di attaccamento, dopo la famiglia d’origine, e la relazione di coppia può diventare un’occasione per rivisitare le nostre esperienze Tutti noi abbiamo delle aspettative riparatorie rispetto alla nostra storia familiare, ma la differenza sta in quanto noi affidiamo all’altro il senso di questa riparazione o siamo invece capaci di vederci come agenti attivi, con delle capacità per cui possiamo essere insieme al partner agenti di cambiamento.

Un’altra variabile per leggere come funzionano le coppie sentimentali è la reciprocità: aver maturato la competenza che ci consente di essere alternativamente oggetto e soggetto di cura e sostegno. La reciprocità nella relazione ha a che fare con la possibilità che i partner hanno avuto nel loro percorso di vita di maturare e di differenziarsi dalle famiglie di origine e di riconoscersi e prendersi cura dei propri bisogni in maniera adeguata. Solitamente, quindi, questa capacità viene maturata se durante lo sviluppo la persona è stata sufficientemente rispecchiata dai genitori, maturando la capacità di riconoscere e di esprimere i propri bisogni, senza avere la tendenza ad accogliere solamente quelli dell’altro. La capacità di affidarsi all’altro è una competenza che viene maturata durante il percorso di vita: se questa manca, è facile che la persona abbia delle aspettative distorte.

Sessualità, accudimento e attaccamento sono i tre sistemi motivazionali su cui si basa solitamente la vita di coppia e in cui i partner dovrebbero riuscire a investire in maniera adeguata nel ciclo di vita, con possibili differenze rispetto alle fasi di vita della coppia. L’investimento in un’area può essere maggiore o minore a seconda delle fasi del ciclo di vita, ma l’equilibrio permane finché questo investimento avviene in accordo. Quando invece avviene una “scalenizzazione”, ovvero i partner investono in modo diverso in aree diverse, può originarsi un malessere e un conflitto. Rispetto a questo è importante considerare anche la capacità dei partner di avere una comunicazione intima, in cui i propri bisogni e desideri possono essere espressi e accolti.  

Familiarità, reciprocità, patto implicito e esplicito sono variabili che riguardano anche le altre configurazioni di coppia, non solo quelle monogame ma anche le coppie poliamorose, fluide, living apart together.

 

Alessandra Santona