Il Potere dell’Altezza o l’Altezza del Potere? Esiste un legame tra il vissuto di potere e la percezione della propria altezza corporea? L’approccio neuroscientifico alla cognizione sociale si propone di dare una risposta a questa domanda indagando tale relazione, al fine di conoscere e meglio comprendere il funzionamento della cognizione umana.
La distinzione tra spazio peripersonale ed extrapersonale, nella rappresentazione corporea, è un elemento cardine, che permette all’individuo di muoversi all’interno dell’ambiente che lo circonda. Quando si parla di spazio peripersonale, si fa riferimento a quella porzione di spazio che giace in prossimità del corpo, cioè “raggiungibile”, con il quale è possibile entrare in interazione attraverso il solo strumento delle dimensioni corporee (Coello, Bartolo, Amiri et al., 2008). Tutto ciò che si trova lontano dal corpo, invece, cade all’interno dello spazio extrapersonale, e quindi non può essere raggiunto se non muovendosi verso di esso (Coello et al., 2008).
Attraverso la definizione di ciò che è vicino e di ciò che è lontano, infatti, è possibile strutturare delle interazioni funzionali e adattive con gli stimoli ambientali. In questo modo saranno generate delle risposte di evitamento a stimoli potenzialmente o realmente minacciosi. Al tempo stesso, sarà invece favorita la prossimità fisica e relazionale verso oggetti e persone con cui interagire è funzionale alla sopravvivenza e alla crescita dell’individuo.
L’interazione con il mondo che ci circonda parte dall’identificazione della qualità e delle intenzioni dell’entità con cui entriamo in contatto. Tra queste qualità una fondamentale riguarda la posizione nello spazio, al fine di comprendere se oggetti o altri esseri viventi, potenzialmente minacciosi, si trovino abbastanza vicini da divenire un rischio per la sopravvivenza. Per questa ragione la distinzione tra spazio peripersonale ed extrapersonale ha una valenza evolutiva (Valdés-Conroy et al., 2014).
Il confine tra spazio vicino e lontano però non deve essere considerato come arbitrario e stabile, quanto piuttosto flessibile e dinamico (Valdés-Cornoy, Sebastiàn et al., 2014). L’ampiezza dello spazio peripersonale, infatti, può essere rimappata in conformità a variabili psicologiche, come lo scopo individuale dell’azione (Brozzoli, Cardinali, Pavani et al., 2010), oppure sulla base dell’utilizzo di strumenti che, integrati nello schema corporeo, ne estendono le dimensioni (Brozzoli et al., 2010).
La realtà esterna entro cui l’uomo si muove, inoltre, ha una complessa struttura sociale, funzione di svariate variabili tra cui il potere. L’attribuzione di potere, infatti, è ciò che determina la struttura gerarchica piramidale sulla base della quale comunemente si rappresenta la realtà del nostro contesto sociale. Gli esseri umani, infatti, sembrano essere pronti, da un punto di vista evolutivo, ad accogliere e fare propria l’associazione tra potere e posizioni spaziali (Fiske, Cuddy & Glick, 2007). Il potere quindi influenza, e in parte struttura, il modo di interagire con l’ambiente e con gli altri, in funzione della percezione di sé stessi.
La teoria dell’embodied cognition afferma che le rappresentazioni mentali sono caratterizzate da un grande contenuto percettivo che ne è la base; i concetti, quindi, non devono essere intesi come proporzioni a-modali, bensì come rappresentazioni modalità-specifiche che Barsalou (1999) chiama simboli percettivi. Quando uno stimolo è on-line, il nostro sistema percettivo acquisisce informazioni senso-motorie che si riattivano poi nella fase di concettualizzazione, quando cioè lo stimolo si trova off-line. I simboli percettivi possono essere quindi definiti come schemi mentali di esperienze che coinvolgono la percezione nella sua globalità: propriocezione, introspezione e programmi motori.
L’altezza è spesso utilizzata come una metafora del potere. Tale associazione si radica nell’immaginario comune a partire dai primi anni di vita attraverso la rappresentazione spaziale, sul piano verticale, dei diversi gradi di potere (Schubert, 2005). Le dimensioni corporee, infatti,contano molto nella negoziazione dei ruoli di potere già nella prima infanzia, quando i bambini si confrontano con i propri genitori, molto più alti che loro, i quali esercitano il potere (Schwartz, Tesser & Powell, 1982); questa associazione sembra protrarsi anche in età adulta (Judge & Cable, 2004). Sembrano essere questi i presupposti ideali per la costruzione di una rappresentazione simbolica che unisca la dimensione astratta del potere, con quella percettiva dell’altezza (Barsalou, 1999).
L’ipotesi è che quando si pensa alle differenze di potere si fa in realtà riferimento alle differenze spaziali e fisiche sul piano verticale; tale esperienza percettiva diretta può poi essere schematizzata nel simbolo percettivo di potere.
Numerose ricerche hanno già indagato l’influenza della posizione di un oggetto nello spazio peripersonale ed extrapersonale sul noto fenomeno della facilitazione motoria, utilizzando stimoli tridimensionali virtuali che variavano di posizione sul piano orizzontale (Buccino et al., 2009; Cardellicchio et al., 2011; Costantini et al., 2011).
Parallelamente, nell’ambito della cognizione sociale, diversi studi si sono occupati di individuare quale relazione intercorresse tra il vissuto di potere e la percezione e la stima della propria altezza.
Oggi, per la prima volta, si è cercato di integrare contributi teorici e metodologici multidisciplinari. Attraverso l’utilizzo della Stimolazione Magnetica Transcranica (TMS) e della Registrazione Elettromiografica (EMG) si è cercato di comprendere se la relazione tra altezza e potere potesse essere legata a una particolare attività cerebrale della corteccia motoria primaria.
Per quanto i dati raccolti fino ad ora siano pressoché preliminari, possiamo affermare che la modulazione della risposta dell’attività della corteccia motoria, sia un buon indice neurofisiologico in grado di esprimere la relazione intercorrente tra il senso di potere e la percezione della propria altezza. È stato infatti osservato che più le persone si trovano in una condizione di alto potere, piùimplicitamente percepiscono alterate dimensioni del proprio schema corporeo. Di conseguenza stimoli sul piano verticale, che si trovano appena all’interno dello spazio extrapersonale, vengono comunque percepiti come vicini, cioè a una distanza tale da facilitare l’interazione con essi.
Lo studio richiede sicuramente diversi aggiustamenti metodologici; ma resta comunque un trampolino di lancio e un punto di partenza per gli studi futuri, che vorranno muoversi in una direzione di integrazione multidisciplinare.
La possibilità che esista una relazione funzionale tra il senso di potere e la percezione corporea da valore alla volontà di spingere oltre la ricerca. Alla luce di questi risultati non è, infatti, insensato pensare di sviluppare delle tecniche di empowerment che lavorino e intervengano anche sul piano corporeo per mezzo del movimento. Allo stesso tempo l’utilizzo della TMS e della registrazione EMG potrebbe diventare un metodo oggettivo e controllato per il monitoraggio dell’andamento di training sull’empowerment.
Per chi desideri approfondire questo argomento, ecco alcuni riferimenti bibliografici:
Barsalou, L. W. (1999). Perceptual symbol systems. Behavioral & Brain Sciences, 22, 577-609.
Brozzoli, C., Gentile, G., Pavani, F., & Farnè, A. (2010). Action-specific remapping of peripersonal space. Neuropsychologia, 48(3), 796-802.
Buccino, G., Sato, M., Cattaneo, L., Rodà, F., & Riggio, L. (2009). Broken affordances, broken
objects: a TMS study. Neuropsychologia, 47(14), 3074-3078.
Cardellicchio, P., Sinigaglia, C., & Costantini, M. (2011). The space of affordances: A TMS study. Neuropsychologia, 49(5), 1369-1372.
Coello, Y., Bartolo, A., Amiri, B., Devanne, H., Houndayer, E., & Derambure, P. (2008). Perceiving what is reachable depends on motor representation: evidence from a transcranical
magnetic stimulation study. PLoS One, 3(8), e2862.
Costantini, M., Ambrosini, E., Scorolli, C., & Borghi, A. M. (2011). When objects are close to me: affordances in the peripersonal space. Psychonomic bulletin & review, 18(2), 302-308.
Duguid, M. M., & Goncalo, J. A. (2012). Living large: the powerful overestimate their own height. Psychological Science, 23, 36.Fiske, S. T., Cuddy, A. J. C., & Glick, P. (2007). Universal dimensions of social cognition: warmth and competence. Trends in Cognitive Sciences, 11, 77-83.
Judge, T. A., & Cable, D. M. (2004). The effect of physical height on workplace success and income: preliminary test of theoretical model. Basic and Applied Social Psychology, 89, 428-441.
Schubert, W. T. (2005). Your highness: vertical positions as perceptual symbols of power. Journal of Personality and Social Psychology, 38(1), 1-21.
Schwarts, B., Tesser, A., & Powell, E. (1982). Dominance cues in nonverbal behavior. Social
Psychology Quarterly, 45, 114-120.
Valdés-Conroy, B., Sebastián, M., Hinojosa, J. A., Román, F. J., & Santaniello, G. (2014). A close look into the near/far space division: A real-distance ERP study. Neuropsychologia, 59, 27-34.