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In memoria di Fausto Petrella

Fausto Petrella

In memoria di Fausto Petrella, psichiatra e psicoanalista italiano.
Lo ricordano qui le parole dell’amico Carlo Goldstein, musicista e direttore d’orchestra.


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Ho conosciuto Fausto Petrella negli ultimi anni della sua vita.
Una sera a cena da un amico l’incontro e poi così, senza aspettative, con qualche telefonata, attraverso qualche invito a cena da lui a Pavia o a qualche mio concerto non troppo lontano, abbiamo visto in poco tempo crescere tra le nostre mani quella fragile pianta che è l’amicizia.
Ci sono molti motivi per cui un’amicizia può non nascere, alcuni anche futili.
Capita però talvolta che l’incontro sia proprio quello giusto e nel momento giusto per entrambi!
Allora il diverso status anagrafico, le professioni lontane, le esigenze e i ritmi esistenziali differenti si compongono per un momento in un’unica parabola superiore che riesce ad abbracciare le due parabole individuali.
Ci legava il comune amore per la musica e, nonostante il musicista fossi io, ero comunque io quello che più spesso faceva domande per imparare e scoprire qualcosa. Non dimenticherò mai le conversazioni sul finale del Tristano di Chéreau, sui concertati di Rossini, sul valore etico del linguaggio di Mahler, sul Ballo in maschera, sul Flauto magico o sul caso clinico di Ravel… ma anche su Wittgenstein, su Roland Barthes e sull’amato Freud.
Fausto mi volle coinvolgere in alcune presentazioni del suo ultimo libro “L’ascolto e l’ostacolo” in cui raccolse i suoi scritti sulla musica. Mai mi sarei aspettato da direttore d’orchestra di trovare nelle pagine di uno psicoanalista i temi centrali della mia professione trattati con tale puntualità: il problematico rapporto con il “testo” – che sia un paziente o una partitura – e gli strumenti necessari per entrarvi in relazione in modo non arbitrario; come superare la soggettività dell’ascolto; le condizioni necessarie a un’interpretazione creativa e non autoriferita.
Nonostante la vastità dei suoi interessi culturali e la velocità fulminante della sua intelligenza, non ho mai sentito, nemmeno in pubblico, il Prof. Fausto Petrella esprimersi in modo professorale. Le sue parole non cadevano mai dall’alto. Insegnava con l’esempio del suo ragionare e del suo sentire; volendo chiarire, condividere e divertendosi pure mentre lo faceva. E questo perché alla base della sua persona vi era in realtà un talento assai più raro dell’intelligenza: la capacità di provare empatia e immedesimarsi nel dolore altrui. Che fosse Robert Schumann nei suoi ultimi giorni a Endenich o il suo fisioterapista.
La sua intelligenza era al servizio della sua empatia per il prossimo e non viceversa.
Tale eccezionale capacità di comprensione delle azioni e dei sentimenti umani lo ha reso uno psicoanalista maiuscolo, uno psichiatra del futuro, un professore universitario molto amato e più in generale, ai miei occhi, un umanista di impressionante completezza in grado di spaziare con il suo sguardo ben oltre la frammentazione specialistica imperante ai nostri giorni. Riconoscevo insomma qualcosa di profondamente artistico nel suo modo di vivere ed esercitare una professione scientifica.
So che negli ultimi tempi stava raccogliendo i suoi scritti dedicati alle arti figurative per un nuovo libro che facesse il paio con quello sulla musica. Auspico davvero che questo suo ultimo incompiuto possa in qualche modo vedere la luce nel prossimo futuro andando così a formare un ideale trittico dedicato alle arti insieme al classico “La mente come teatro”.
Caro amico, io non ti dimentico…

 

C.