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ARTICOLO – Compendio della Giornata di Studi "Il trauma familiare. Quando la relazione genitoriale passa attraverso il carcere"

11733285_10207530499090075_1496160467_nIl 13 novembre 2015 si è tenuta, presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, la Giornata di Studi “Il trauma familiare. Quando la relazione genitoriale passa attraverso il carcere”. L’incontro ha fornito interessanti spunti di riflessione sulla condizione dei detenuti e le implicazioni rispetto alla tematica della genitorialità evidenziando la necessità di garantire il diritto, a bambini e genitori, di mantenere un rapporto affettivo e costante.

Il tema della genitorialità vissuta in carcere rappresenta un aspetto delicato e sensibile, con difficoltà correlate alla condizione carceraria che vive il genitore. Negli ultimi anni si è assistito ad un aumento di attenzione nei confronti di questa tematica, con conseguente incremento di iniziative per tutelare la condizione sia dei genitori detenuti, sia dei loro bambini. L’incontro e il lavoro congiunto di differenti discipline, quali la sociologia, la psicologia e il diritto, hanno permesso una maggiore conoscenza scientifica di questa tematica, con il conseguente incremento degli interventi volti al miglioramento di tale condizione. Il punto di partenza è rappresentato dalla capacità di trasformare una situazione potenzialmente traumatica, come quella carceraria, in una situazione di crescita nella quale il bambino possa svilupparsi e il genitore possa mantenere la propria identità genitoriale.

Durante la giornata hanno portato il loro contributo: Susanna Mantovani, Lia Sacerdote, Lucia Castellano, Lucy Gampell, Luisa Della Rosa, Silvia Valadè, Daniela Ambrosi.

Susanna Mantovani, docente del Dipartimento di Scienze della Formazione dell’Università Milano-Bicocca, ha rimarcato l’impegno dell’Università Bicocca con le istituzioni carcerarie, finalizzato al mantenimento della genitorialità in carcere. Gli interventi realizzati in carcere sono rivolti in primo luogo ai bambini e ai loro genitori detenuti, attraverso il sostegno delle modalità di relazione, aiutando i genitori a superare la vergogna associata alla loro condizione. Affinchè si possa creare uno spazio dove la genitorialità sia pienamente vissuta è importante che anche gli stessi operatori, che lavorano all’interno del carcere e che si devono relazionare con i bambini, siano formati e sensibilizzati rispetto a questa tematica.

Lia Sacerdote, Presidente dell’Associazione “Bambini senza sbarre” di Milano, ha illustrato l’importanza e la complessità degli interventi realizzati al fine di sostenere la genitorialità e il diritto dei bambini di poter mantenere un legame affettivo con il proprio genitore che anche se detenuto ha il diritto di essere ascoltato, di poter recuperare la propria storia di vita. Gli interventi promossi nelle carceri sono realizzati allo scopo di sostenere e recuperare la genitorialità intesa in termini di desiderio, dovere ma soprattutto diritto.

In particolare, sono state presentate le conseguenze psichiche legate alla condizione di separazione vissuta dai bambini. Infatti, la condizione di carcerazione comporta una ridefinizione delle dinamiche familiari, con una conseguente modificazione delle modalità di interazione ed una limitazione in termini di spazio e tempo da dedicare alla relazione. Le dinamiche relazionali che prima caratterizzavano la vita familiare vanno a connotarsi in modo diverso, il tempo e lo spazio nel quale potersi incontrare è spesso limitato a poche ore al mese. Per tale motivo si rende opportuna la creazione di momenti di ascolto nel quale parlare e discutere con i detenuti degli aspetti legati alla genitorialità e alle modalità con le quali poter entrare in relazione con i figli attraverso i pochi momenti a disposizione. Allo stesso tempo è necessario che i bambini siano supportati nell’incontro, in quello che è definito “spazio giallo”, inteso come spazio di preparazione al colloquio con il genitore detenuto. Questo spazio rappresenta un luogo di ascolto e supporto per il bambino sia nel momento che precede l’incontro con il genitore, sia dopo l’incontro. La condizione carceraria rappresenta per il bambino un’esperienza difficile da affrontare, caratterizzata da sentimenti contrastanti nei confronti del genitore in carcere. Le iniziative promosse presso le carceri italiane si muovono nell’ottica di fornire il supporto e la preparazione psicologica adeguata al bambino per l’incontro con il genitore. È necessario aiutare il genitore a raccontarsi al bambino, a spiegare le sue azioni, perché il figlio possa superare il trauma attraverso la comprensione di quello che è successo al genitore. Questo aspetto di “svelamento” è importante affinché si possa rinsaldare la relazione tra bambino e genitore.

Lucy Gampell, è presidente del COPE (Children of Prisoners Europe, Londra), un network finalizzato alla promozione di interventi innovativi per migliorare la vita dei figli con genitori detenuti e di garantire il rispetto dei diritti di bambini con un genitore in prigione. L’intervento della Dott.ssa Gampell, da lei stessa definito “rompere il circolo vizioso”, ha illustrato le soluzioni possibili per i figli di genitori detenuti. Tali interventi promuovono programmi di supporto per genitori e figli, per permettere lo sviluppo di una relazione, cercando di limitare le conseguenze causate dalla condizione detentiva. Sono stati compiuti numerosi studi dal COPE, volti a raccogliere dati sull’impatto della carcerazione sui minori e di come possano essere aiutati. In particolare, è importante analizzare l’impatto della situazione detentiva sui minori, dall’ arresto fino alla scarcerazione. Molti bambini percepiscono la situazione di allontanamento come abbandono, percependosi come indegni di essere amati. Altri ancora si sentono responsabili di tale situazione, percependo un forte senso di colpa nei confronti del genitore. Per questo motivo è importante non solo sostenere i bambini ma anche spiegare loro il motivo per cui il genitore si trova in carcere. Un importante aspetto riguarda inoltre la collaborazione tra agenzie private e pubbliche nel creare una rete di lavoro con le famiglie coinvolte e fornire loro supporto in questa difficile situazione. Negli ultimi anni, in numerosi paesi europei sono state incoraggiate iniziative volte a sostenere le famiglie dei carcerati. Un esempio è quello realizzato in Inghilterra, mediante sostegno in termini economici, a favore delle famiglie più svantaggiate per le visite in carcere. In altri paesi si sono sviluppati progetti-pilota per incrementare gli scambi tra i genitori e i propri figli, attraverso l’uso di mezzi di comunicazione quali e mail o Skype. Tutti questi programmi, sono pensati allo scopo di sensibilizzare e promuovere un cambiamento nella visione della condizione di detenuto nell’ottica comune.

Lucia Castellano, vicepresidente della Sezione Carcere Lombardia, ha illustrato i cambiamenti legislativi che sono stati apportati in Italia al fine di migliorare la condizione del genitore detenuto e della famiglia, per favorire il mantenimento della relazione affettiva. Il presupposto dal quale partire riguarda i diritti individuali che devono essere mantenuti anche all’interno del carcere. Per poter parlare di diritti di figli di detenuti è necessario che prima vengano visti e riconosciuti i diritti dei detenuti stessi. Le novità legislative si muovono nella direzione di assicurare il massimo rispetto della condizione del detenuto e dei suoi diritti, rimarcando la funzione educativa e riabilitativa della pena detentiva. In questi anni sono in atto modifiche per gestire le carceri, sono previste ristrutturazioni della vita carceraria per garantire al detenuto la massima libertà, compatibile con la condizione di carcerazione. La necessità di garantire la libertà si scontra però con la necessità di garantire sicurezza. I recenti cambiamenti si muovono proprio nell’ottica di tutelare il diritto del bambino contro il bisogno di sicurezza. Sono quindi stati ideati, in tutti i carceri italiani, degli spazi di accoglienza per i bambini che si preparano ai colloqui. Inoltre, nelle sale atte ai colloqui sono previsti degli spazi per bambini o, laddove possibile, una ludoteca dove i genitori possano giocare e rilassarsi con i figli. Tutti questi provvedimenti permettono di tutelare i diritti dei detenuti ma soprattutto quelli dei loro figli. Sebbene ci siano stati numerosi progressi, perché sia garantito il pieno rispetto dei diritti è necessario un cambiamento nella cultura e nella visione del carcere.

Nel pomeriggio sono intervenute le Dott.sse del Centro per la Cura del Trauma di Milano: Luisa Della Rosa (Direttore Clinico del centro), Silvia Valadè, Daniela Ambrosi. Durante questo spazio sono state affrontate le situazioni carcerarie critiche, caratterizzate da impedimenti giudiziali per il mantenimento della relazione. Sono stati presentati casi in cui il mantenimento della relazione con i genitori contrasta con l’interesse del minore. Sono state inoltre analizzate tematiche relative all’attaccamento e carcerazione, ai vissuti sperimentati dai bambini in comunità e le esperienze e competenze degli operatori che lavorano nel settore.

L’evento di carcerazione di un genitore rappresenta per il bambino un evento traumatico, nel quale vanno analizzati numerosi aspetti psicologici e le implicazioni che tale condizione riversa nei confronti della relazione genitoriale e delle dinamiche familiari. È importante capire quando la relazione tra il bambino e il genitore possa essere recuperata e in che modo. In questo senso di fondamentale importanza sono gli strumenti simbolici che accompagnano la visita del bambino in carcere, affinché non si senta solo. In una situazione come quella carceraria, caratterizzata da sentimenti quali il senso di colpa o la vergogna, diventa ancor più importante che il bambino sia seguito e accompagnato in questa difficile situazione. All’interno di questo scenario un’attenzione particolare assumono le situazioni in cui un genitore si trova detenuto a seguito di omicidio nei confronti del coniuge. Questo stato rappresenta una doppia condizione di disagio per il minore che si trova non solo a doversi sperimentare con la realtà carceraria ma anche a dover far fronte alla perdita di un genitore. Gli operatori coinvolti devono analizzare le dinamiche psichiche che vengono messe in atto in queste situazioni e considerare tutti gli aspetti clinici che vi sono implicati. E’ necessario che i bambini siano sostenuti e aiutati a comprendere i sentimenti che provano, che assumono caratteristiche conflittuali nei confronti di entrambe le figure genitoriali. Il lavoro degli operatori è quello di permettere al bambino di comprendere il valore dei sentimenti che prova nei confronti di entrambi i genitori.

Infine sono stati analizzati il ruolo dell’esperienza e competenza degli operatori con bambini i cui genitori sono in carcere, attraverso esempi d’interventi concreti realizzati nei carceri italiani allo scopo di promuovere la trasformazione culturale per incoraggiare l’inclusività a discapito della stigmatizzazione. Tali interventi hanno portato alla realizzazione d’interventi di supporto alla genitorialità, sia individuali che di gruppo, di stanze denominate “dell’affettività”, e al potenziamento con la rete esterna. Attraverso queste azioni è possibile lavorare sulla relazione genitoriale insieme ai detenuti stessi, analizzando le criticità o le problematiche che possono emergere.

Questa giornata ha fornito una visione dello stato dell’arte sulla condizione carceraria e la relazione genitoriale, illustrando non solo le problematiche che accompagnano questa situazione ma anche le numerose attività che negli ultimi anni sono state compiute all’interno delle carceri italiane. Affinché la condizione di carcerazione non rappresenti più uno stigma sociale per il genitore e soprattutto per il bambino, è necessario che la cultura stessa del carcere si trasformi. Soprattutto è importante riuscire a sradicare la visione comune che il destino del figlio di un detenuto sia già stato scritto e comporti una ripetizione dello status del genitore. Questi bambini hanno bisogno di sapere che la loro condizione non è già determinata e che questo circolo vizioso si possa rompere.

Vi lasciamo con una poesia scritta da un bambino con il padre detenuto, lasciando decidere a voi in che direzione leggerla.

“Reversible Thinking”

UNA PROMESSA

finirò anch’io in prigione

proprio come mio padre
vi sbagliate se pensate che
ci sono altre possibilità per me
lo so
un criminale genera un criminale
non è vero che
c’è del buono in ognuno di noi
mio padre è una cattiva persona
non pensate
che io possa essere diverso
è quello il mio destino
andare bene a scuola
trovare un buon lavoro
questo non è importante per me

entrare in una gang
partecipare alle risse
è questo che conta
ascoltatemi
dovreste solo cancellarmi
e non crediate mai che
io voglio avere successo
che ho rinunciato, che sono out
non pensate
che io posso diventare qualunque cosa voglia credete
che il copione della mia vita è già stato scritto non osate dire
c’è ancora speranza per me
se le cose fossero andate diversamente potevo essere una promessa

chiaro