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CULTURA PSICOLOGICA – IL SUONO CHE FA BENE

Questo breve estratto nasce dalla lettura di un articolo selezionato per Internazionale dalla rivista New Scientist, Regno Unito, redatto da Corrinne Burns. Per leggere l’articolo originale clicca qui.

Suono

L’udito è fondamentale nel determinare la percezione che abbiamo di noi stessi. Una scoperta che potrebbe essere usata per migliorare il rapporto che le persone hanno con il loro corpo.

I movimenti del nostro corpo sono sempre accompagnati da suoni; l’udito infatti è una dimensione fondamentale nella costruzione della rappresentazione corporea.

La colonna sonora del nostro corpo ci permette così di dedurre informazioni sugli altri, secondo i principi della teoria della codifica predittiva. L’idea è che il cervello non recepisca in maniera passiva le informazioni che riceve dai sensi, ma, attraverso complessi processi di integrazione multisensoriale e di matching tra informazioni esterne, interne e immagazzinate in memoria, dia un senso al mondo, anticipando la probabilità che si verifichino determinati eventi. Le previsioni effettuate hanno come fondamento le nostre esperienze passate, ma vengono costantemente aggiornate sulla base di quello che stiamo esperendo nel qui ed ora.

La ricercatrice Ana Tajadura-Jiménez, che si occupa di percezione all’University College di Londra, ha scoperto come, manipolando il feedback uditivo, si possono ottenere degli effetti sorprendenti. Rendendo la stimolazione sensoriale non congruente alle aspettative del nostro cervello, si attivano processi di aggiornamento online che portano ad una modificazione della percezione della nostra immagine corporea.

Camminare

(Immagine di Andrew Lyons)

Per questo motivo ha messo a punto uno straordinario e complesso esperimento, ancora in corso, nel quale ai partecipanti viene chiesto di indossare uno speciale paio di sandali e, solo dopo essersi messi degli auricolari, di camminare liberamente su un pavimento in vinile. Nei sandali, infatti, sono stati inseriti dei piccoli microfoni collegati direttamente agli auricolari, che permettono di sentire i rumori prodotti dal proprio corpo in movimento.

Nella fase iniziale dell’esperimento, i soggetti camminando ascoltano semplicemente il suono amplificato dei loro passi, fino a quando la sperimentatrice, con un equalizzatore, non comincia a distorcere il suono prodotto. I preliminari risultati di questa ricerca hanno messo in evidenza un fenomeno sorprendente: al prevalere di alte frequenze, i partecipanti dichiarano di percepire una serie di cambiamenti nella rappresentazione del loro corpo, incominciando a sentirsi sempre più leggeri ed energici. Nel corso dell’esperimento Tajadura-Jiménez ha ottenuto anche l’effetto contrario: se si fanno ascoltare suoni con prevalenza di basse frequenze, si induce nei partecipanti una sensazione progressiva di maggior pesantezza.

Tale scoperta getta una nuova luce sul modo in cui il cervello costruisce il nostro senso del Sé, avendo impatto non solo sul piano meramente corporeo, ma portando anche all’attivazione di stati interni ed emotivi congrui con il vissuto percettivo.

Sull’onda di queste preliminari scoperte diversi ambiti di ricerca sono stati alimentati dall’entusiasmo, favorendo riflessioni sulle possibili implicazioni cliniche di tale evidenza sperimentale.

Anil Seth, studioso di identità e coscienza del Sé presso l’Università del Sussex a Brighton, Regno Unito, crede che pazienti che soffrono di disturbi alimentari o dismorfofobia potrebbero rispondere particolarmente bene a interventi combinati di stimolazione uditiva e tattile. Questi due tipi di disturbi, secondo la sua opinione, non dipendono infatti solo dall’aspetto fisico, ma influenzano e sono influenzati anche dal senso di identità delle persone.

Ancora a Tajadura-Jiménez si devono le prime collaborazioni finalizzate a verificare la veridicità di tali affascinanti ipotesi. In uno studio non ancora pubblicato, la sua équipe ha riscontrato che, nei soggetti con disturbi alimentari è possibile alterare l’idea della circonferenza della loro vita attraverso la manipolazione dei suoni. Tale effetto sembra essere più forte tanto più le persone sono preoccupate per la forma del loro corpo.

La ricercatrice sta collaborando, infine, con un team di colleghi dell’University College di Londra e dell’Università di Genova sul fronte dei disturbi da dolore cronico.

A tal proposito i ricercatori italiani stanno mettendo a punto una sorta di protesi sensoriale attraverso un’applicazione in grado di fornire in tempo reale dei feedback sui movimenti e la posizione del corpo. L’idea è che in questo modo si possa elicitare una risposta propriocettiva congrua con la rappresentazione reale della posizione del corpo. Se così fosse, l’utilizzo di questa strumentazione riuscire a impedire ai propriocettori di trasmettere stimoli dolorifici, favorendo in queste persone una riduzione della sofferenza fisica e la costruzione di una più corretta e precisa idea delle loro capacità fisiche e corporee.

Per avere maggiori informazioni sulle ricerche presentate in queste pagine è possibile consultare il sito relativo al progetto “The Hearing Body” al seguente indirizzo:

http://www.ucl.ac.uk/uclic/research/project-pages/hearing-body