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ARTICOLO – "Considerazioni sui sistemi dinamici non lineari"

CONSIDERAZIONI SUI SISTEMI DINAMICI NON LINEARI
di Carlo Rodini

 
In preparazione al Seminario Internazionale con William J. Coburn “Il cambiamento in psicoanalisi tra certezze e casualità. I sistemi dinamici non lineari” che si svolgerà presso l’Aula Magna dell’Università degli Studi di Milano-Bicocca l’11 e il 12 marzo 2016, vi proponiamo questo articolo di Carlo Rodini.

emiliano-ponzi-donna-farfalleL’affermarsi della teoria dei sistemi dinamici non lineari, detto sinteticamente, ha costretto a rivedere il predominio che era stato attribuito al determinismo. Rivedere il ruolo del determinismo comporta una intera revisione del modo di pensare a molti assunti scientifici. In particolare nel campo delle teorie dello sviluppo, richiede di notare la grande variabilità e impredicibilità dei processi della crescita normale e di osservare l’influenza del contesto di vita del bambino per trovare spiegazioni sul suo sviluppo. Nel campo degli interventi psicoterapeutici, richiede l’osservazione di una causalità multidimensionale dei livelli in cui agisce il cambiamento terapeutico.

Semplificando, il paradigma della scienza è stato lineare fin dai tempi di Newton. Esso sostiene che il calcolo delle condizioni al contorno di un fenomeno possa prevedere il moto del fenomeno stesso. Con ciò era fondato il metodo scientifico: basterà verificare con l’opportuna metodologia l’accadimento del fenomeno ipotizzato per confermarlo o disconfermarlo. Il metodo intrinseco a questo paradigma ha prodotto quasi tutta l’attuale conoscenza della natura. Tuttavia, nell’ultimo secolo sono stati registrati fenomeni (es. i terremoti) o entità (es. le particelle, i geni) che non rispondono a tale impostazione deterministica. Le spiegazioni che ne sono seguite hanno portato ad una metateoria (Bak, 1996; Bertalanffy, 1968) che tenta di individuare dei principi che possono valere per ogni specifica disciplina. Questa metateoria sostiene in generale la tesi che i fenomeni sono governati dalla complessità delle relazioni delle parti di cui si compone la loro unità, cioè il loro sistema. Essa non ha una formulazione definitiva in quanto è definita dalla prospettiva in cui l’osservatore si pone per studiare la complessità del fenomeno, perché, come sosteneva Ashby (Ashby, 1947), il sistema in generale è un insieme di variabili selezionate da un osservatore.

Nel campo degli esseri viventi è stato mostrato che i rapporti che regolano la vita, sia al loro interno, come dentro la cellula, sia al loro esterno come fra cellule o fra menti, dipendono dalle parti di cui sono composti e, più numerose esse sono, più complessa sarà la relazione fra di esse. Queste relazioni comprendono, in modo circolare, la retroazione che influisce sul sistema iniziale e inevitabilmente lo rimodifica. Le relazioni possono essere studiate ad un livello locale, immediato, ossia le parti in gioco nel sistema che reagiscono con gli elementi più prossimali del loro ambiente, come potrebbe essere l’azione di un farmaco o di una relazione interpersonale, e ad un livello intersistemico dove si possono osservare effetti a lungo raggio nel tempo, come potrebbe essere l’azione collaterale di un farmaco su altri sistemi o l’azione del suo accumularsi o l’interazione di più farmaci o ancora l’effetto che una relazione interpersonale ha con gli altri.

Gli esseri viventi, a causa della loro immersione continua in queste relazioni con il loro interno e con il loro esterno, trovano migliori descrizioni e spiegazioni dei loro moti se vengono incluse queste forze interattive all’interno del sistema ed all’esterno fra sistemi, cosa che porta a evidenziare una caratteristica intrinseca di auto-regolazione (Ashby, 1947 fu il primo ad usare questo termine). Gli esseri viventi, considerati quindi come sistemi viventi, hanno necessità di tali reazioni per acquistare energia dall’esterno dal momento che non potrebbero sopravvivere senza. Sono cioè sistemi aperti e dalla relazione generale organismo-ambiente sono capaci di trarre la vita. Va precisato che il tipo di vitalità o di autoregolazione in corso li può favorire, ma anche svantaggiare, ossia il processo non si presenta lineare verso una finalità precostituita benevola o malevola, cioè per fare un esempio, nel caso degli esseri umani l’emergere dell’intelligenza del corso dell’evoluzione non rappresenta di per se una evoluzione positiva, perché l’intelligenza e di conseguenza l’autoriflessione, potrebbe portare anche in direzioni distruttive della vita, come talvolta si riscontra nell’uso della scienza.

L’imprevedibilità ha fatto parlare di teoria del caos. Ma si tratta di un caos apparente, perché le trasformazioni emergenti sono dinamiche, determinate dalle componenti di quel sistema che si organizzano reciprocamente, sono sensibili al contesto, ma anche cambiano continuamente. Ciò che la teoria dei sistemi dinamici non lineari mette in discussione sono le aspettative di ordine delle teorie che si fondano su una progressione teleologica ed epigenetica.

Tratto dall’Introduzione a cura di C. Riva Crugnola e C. Rodini a Tronick (2008). Regolazione emotiva. Nello sviluppo e nel processo terapeutico, Milano: R. Cortina