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Psicopatologia

L’assessment della personalità in adolescenza:
sfide e prospettive di lavoro

“Nell’annata 1898 della «Rivista di Psichiatria e Neurologia» ho pubblicato col titolo «Del meccanismo psichico del dimenticare», un piccolo saggio del quale farò qui il riassunto, e che prenderò come spunto per considerazioni ulteriori”, così recita l’incipit del primo volume di Psicopatologia della vita quotidiana, una tra le opere ancora oggi maggiormente riconosciute all’interno della vasta produzione teorica del padre della psicoanalisi Sigmund Freud.
La psicoanalisi dal giorno in cui è nata ha dovuto costantemente aggiornarsi rispetto alla società in cui veniva incastonata e anche questa volta non si smentisce: dalle pagine scritte a mano dalla stilografica dell’austriaco più famoso dell’epoca, si trasforma in rubrica digitalizzata all’interno di un sito internet.
“Psicopatologia della vita quotidiana – Vol. 2” è una rubrica bimestrale in cui diversi esperti del settore scriveranno insieme a noi su diversi temi che interessano la vita di tutti i giorni parlando con linguaggio anche divulgativo di tematiche psicologicamente orientate.

Qui sotto “L’assessment della personalità in adolescenza: sfide e prospettive di lavoro”, una riflessione di Ilaria Benzi.

L’assessment della personalità in adolescenza:
sfide e prospettive di lavoro.

L’adolescenza, una fase che include cambiamenti significativi nello sviluppo sia corporeo che neurofisiologico (Casey et al., 2008; Spear, 2000), è un periodo cruciale per lo sviluppo e il consolidamento della personalità (Blos, 1968; Erikson, 1959; O. F. Kernberg, 1978).

Gli adolescenti affrontano trasformazioni psicologiche nella percezione di sé stessi, dei componenti della famiglia e dei coetanei, così come delle relazioni romantiche e sessuali emergenti (P. F. Kernberg et al., 2000). E ancora, è proprio in questa fase evolutiva che iniziano ad articolare i loro obiettivi e interessi relativi alla scuola e alle aspirazioni future (Becht et al., 2016).

Insieme, questi aspetti psicologici e comportamentali convergono nella formazione della personalità come integrata e stabile nel tempo (Kroger, 2007; Lis et al., 2007).

Tuttavia, durante questa fase, “gravi perturbazioni”, fenomeni di entità differente dalle tipiche crisi dello sviluppo possono portare a esiti disadattivi come disturbi d’ansia, disturbi dell’umore, schizofrenia, abuso di sostanze e comportamenti autolesionistici non suicidari (Benzi et al., 2018; Di Pierro et al., 2012; Powers e Casey, 2015). Inoltre, un numero crescente di studi ha dimostrato che la personalità disfunzionale in adolescenza è un precursore significativo della patologia della personalità in età adulta (Westen & Shedler, 2000; Zanarini et al., 2011).

Da qui, certamente le ricerche degli ultimi anni hanno testimoniato l’urgenza di identificare modelli di comprensione multifattoriale e dimensionale dei disturbi di personalità (DP; Benzi et al., 2020; De Fruyt & De Clercq, 2014; Ensink et al., 2015; Sharp, 2019): infatti, la ricerca clinica ha sottolineato in più contesti i limiti di un focus meramente descrittivo sui DP e la necessità di modelli di sviluppo dimensionale che considerino gli aspetti centrali delle prime fasi di questi disturbi (Cicchetti & Crick, 2009; Hutsebaut et al., 2013).

Ad esempio, il Modello Alternativo per i Disturbi di Personalità (MAPD) formulato nella Sezione III del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5; APA, 2013) propone un modello dimensionale che spiega la gravità della compromissione nel funzionamento della personalità, piuttosto che la presenza/assenza di criteri, come nella classificazione ufficiale del DSM-5 (Sezione II). Nel complesso, il DSM-5 consente di diagnosticare i DP secondo le categorizzazioni valide per gli adulti anche nell’adolescenza, alla luce di una prospettiva categoriale. Tuttavia, questa opzione ha sollevato opinioni contrastanti relative non solo alla validità dei costrutti ma anche alla possibilità di formulare indicazioni prognostiche clinicamente utili. In generale poi, i clinici sono riluttanti nel diagnosticare i disturbi di personalità in adolescenza in quanto si suppone siano transitori e le etichette diagnostiche potrebbero favorire effetti stigmatizzanti (ad esempio, Bondurant et al., 2004; Miller et al., 2008). Senza dubbio però, valutare adeguatamente la natura e la gravità del funzionamento della personalità durante questa fase di sviluppo è fondamentale sia per l’intervento che per un efficace lavoro di prevenzione (Paris, 2003; Chanen et al., 2017).

Funzionamento di personalità disadattiva in adolescenza

Un approccio che già molto prima delle prospettive recenti del DSM-5 ha favorito uno sguardo dimensionale rispetto alla personalità è la teoria delle relazioni oggettuali (O. F. Kernberg, 1984).

Infatti, anche considerando questa particolare fase dello sviluppo neurologico dove il cervello emotivo non ha completamente sviluppato i controlli cognitivi, postula che i compiti significativi dell’adolescenza includono la formazione dell’identità, la qualità delle relazioni e la regolazione degli affetti (Casey et al., 2008; Ensink et al., 2015 ).

Recentemente, tra i modelli dimensionali psicodinamici, l’approccio delle relazioni oggettuali si è dimostrato in linea con il MADP sui soggetti di adulti (Di Pierro et al., 2020; Hörz et al., 2009; Preti et al., 2018), che comprende aspetti della patologia della personalità relativi alla dimensione del sé e a quella interpersonale.

Il consolidamento dell’identità comprende un costrutto multiforme che, nel corso dell’adolescenza, include fluttuazioni naturali nell’integrazione del senso di sé, nella percezione dei cambiamenti corporei, nella sessualità nonché nella presenza di investimenti e obiettivi personali (Fontana et al. , 2020; Lind et al., 2019; Locati et al., 2019; PF Kernberg et al., 2000). Dal punto di vista delle relazioni oggettuali, l’identità implica la capacità di mantenere una rappresentazione del sé stabile e coerente nel tempo, nonché di sperimentare ed essere consapevoli dei propri stati interiori (cioè emotivi, cognitivi e comportamentali; Benzi e Madeddu, 2017; OF Kernberg, 1998a; Sharp, 2020).

Inoltre, l’identità è associata all’accettazione dello sviluppo corporeo e studi empirici dimostrano che l’insoddisfazione  fisica è correlata a bassa autostima, disturbi alimentari e a uno scarso funzionamento psicosociale nell’adolescenza (ad esempio, Davison & McCabe, 2006; Stice & Whitenton, 2002; Tiggemann, 2005). Ancora, l’integrazione psichica dei cambiamenti fisici è legata al modo in cui gli adolescenti possono vivere appieno le loro prime esperienze sessuali e romantiche (Collins, 2003; Moore & Rosenthal, 2007). Infine, la presenza e la stabilità di investimenti e obiettivi rappresentano anch’essi un elemento fondamentale della formazione dell’identità, poiché consentono agli adolescenti di sperimentare le loro predisposizioni e interessi nel tempo (Becht et al., 2016; O. F. Kernberg, 1998a; Klimstra et al., 2010).

Un altro aspetto rilevante del funzionamento della personalità nell’adolescenza sono le relazioni interpersonali. In questa direzione, un contributo significativo deriva dalla teoria dell’attaccamento, che ha ben sottolineato i percorsi di sviluppo legati all’emergere della patologia della personalità e di altri disturbi mentali (De Carli et al., 2016; De Carli et al., 2018; Lyons-Ruth et al., 2013).

La qualità delle relazioni interpersonali in questa fase di sviluppo include sia l’ambiente familiare che le relazioni significative con i pari. Come dimostrato da precedenti ricerche (McGue et al., 2005; Reitz et al., 2014), la qualità delle relazioni con genitori e amici è un fattore protettivo rispetto ad esiti disadattivi come problematiche emotive e comportamentali. Inoltre, in un’ottica psicodinamica, la qualità delle relazioni è associata alle rappresentazioni interne dell’adolescente e degli altri significativi (P. F. Kernberg et al., 2000). Infatti, secondo la teoria delle relazioni oggettuali, un compito primario dell’adolescenza è il processo di separazione-individuazione, che consente agli adolescenti di coltivare e sperimentare sé stessi in relazioni significative al di fuori dell’ambiente familiare (ad esempio, Blos, 1967; Sugimura et al. , 2018).

Infine, la capacità di regolare le emozioni è un’altra dimensione essenziale del funzionamento della personalità nell’adolescenza. Gli stili di regolazione degli affetti risultano dalle reciproche interazioni tra le caratteristiche neurobiologiche e temperamentali e la qualità del caregiving sperimentato con la figura di attaccamento (Fonagy et al., 2004). La ricerca ha dimostrato che una non adeguata capacità di regolare gli stati affettivi è correlata a esiti patologici e problemi comportamentali durante l’adolescenza (Di Pierro et al., 2014; Garnefski & Kraaij, 2006). In questo senso, la tendenza difensiva a mettere in atto stati emotivi negativi può sfociare in un’aggressività che si manifesta lungo un continuum di gravità e può essere diretta verso sé stessi e gli altri (O. F. Kernberg, 1994, 1998a).

Valutazione della patologia della personalità nell’adolescenza con misure self-report

Negli ultimi anni sono stati creati diversi strumenti self-report per la valutazione della patologia di personalità in adolescenza. Pur con gli evidenti limiti di una valutazione auto-somministrata rispetto ad un’indagine clinica attraverso ad esempio un’intervista semi-strutturata, l’uso di uno strumento self-report presenta numerosi vantaggi non solo per la ricerca sui fenomeni, ma anche per uno screening iniziale che metta in luce aree critiche del funzionamento.

La maggior parte delle misure si basa sulla classificazione DSM dei DP, sulle varianti patologiche dei tratti della personalità o sulle dimensioni (mal)adattive del funzionamento della personalità. Poiché i tratti patologici contribuiscono solo in parte alla descrizione della patologia della personalità, il grado generale di adattamento (funzionamento della personalità) dovrebbe essere considerato come una componente fondamentale della personalità sana/patologica (Benzi et al., 2019; Keeley et al., 2014; Sharp, 2020).

A partire dalla struttura dell’IPOP-A, un’intervista semi strutturata basata sull’approccio delle relazioni oggettuali alla patologia della personalità creata specificatamente per valutare il funzionamento della personalità nell’adolescenza (P. F. Kernberg et al., 2000), abbiamo  sviluppato una misura self-report che permette di valutare le aree cruciali della personalità in adolescenza, l’APS-Q (Assessment of Personality Structure Questionnaire) una misura self-report breve (35 item) che permette di valutare differenti dimensioni del funzionamento: senso di sé, accettazione di sé, sessualità, aggressività, qualità delle relazioni con i genitori, qualità delle relazioni con i pari e presenza di investimenti e obiettivi.

La misura è liberamente utilizzabile in contesti clinici e di ricerca, per saperne di più potete scrivere a ilariamariaantonietta.benzi@unipv.it

Fonte:

Benzi, I. M. A., Fontana, A., Di Pierro, R., Perugini, M., Cipresso, P., Madeddu, F., Clarkin, J. F., & Preti, E. (2021). Assessment of Personality Functioning in Adolescence: Development of the Adolescent Personality Structure Questionnaire. Assessment. https://doi.org/10.1177/1073191120988157